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Cardionefrologia

LA “POLYPHARMACY” NEI SOGGETTI DISMETABOLICI CON “SINDROME CARDIO-RENALE”: NOSTRA ESPERIENZA

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Introduzione

Nella popolazione generale vi è una notevole prevalenza di soggetti geneticamente predisposti allo sviluppo di uno stato di “dismetabolismo”, in cui risultano contemporaneamente presenti: DMT2, Dislipidemia, Iperuricemia, etc… Per il trattamento farmacologico di questi pazienti vengono comunemente impiegati una moltitudine di farmaci. Se, come molto spesso avviene, si sviluppano anche i cosiddetti “danni d’organo”, il loro numero aumenta ulteriormente. Quando ciò si verifica nel soggetto anagraficamente “anziano” la problematica diventa ancora più difficile (Hajjar ER, Am J Geriatr Pharmacother, 2007 [1]). In tali casi diventa necessario gestire correttamente la stessa “polypharmacy”. Inoltre, a causa della rapida crescita della popolazione anziana, la polypharmacy è diventata  un serio problema di salute pubblica in tutto il mondo (Patterson SM, Cochrane Database , 2012). [2] La gestione della cosiddetta “sindrome cardiorenale” di tipo 5 si sta rivelando, sotto tali aspetti, un duro banco di prova. Recenti osservazioni (Jones SA,  Postgrad Med J., 2013 [3]) hanno focalizzato l’attenzione sulla potenziale in appropriatezza delle prescrizioni farmacologiche nei pazienti anziani con malattia renale cronica. 

Abbiamo ritenuto di raccogliere dati inerenti vari aspetti della “polypharmacy” in una coorte di soggetti con sindrome cardiorenale di tipo 5, sottesa da una situazione di dismetabolismo “primitivo” afferenti ad un ambulatorio nefrologico.

Casistica e Metodi

Abbiamo condotto uno studio cross sectional  valutando una coorte di 212 soggetti (110 M e 102 F, età media 62 aa.) che presentavano contemporaneamente, oltre le caratteristiche dismetaboliche di base sopraelencate, uno stato di Cardio-Vasculopatìa Aterosclerotica ed uno stato di Insufficienza Renale Cronica complicata da anemia, acidosi metabolica, disionia ed alterazioni del metabolismo calcio-fosforo. Per ogni soggetto abbiamo analizzato la terapia farmacologica sotto vari aspetti (Figura 1): numero di farmaci, tempi e modalità di assunzione, tipologia, posologie, tempi e modalità di prescrizione, interazioni, ecc...

Risultati

Abbiamo rilevato che nella nostra casistica (Figura 2): 1) i soggetti assumevano in media 13 diversi farmaci; 2) spesso le molecole assunte erano state prescritte da diversi medici “specialisti” senza un preventivo confronto sulle eventuali loro interazioni e sugli aggiustamenti posologici; 3) spesso il soggetto trattato non era in grado di orientarsi correttamente nell’assunzione dei farmaci senza l’aiuto di un “caregiver”; 4) spesso  era evidente  la necessità che il medico curante dedicasse più tempo e ponesse maggiore attenzione tanto agli aspetti inerenti le prescrizioni farmacologiche: informativi, motivazionali, educazionali, psico-relazionali, ecc…, quanto alle risultanze “globali” degli obiettivi di cura.

Conclusioni

Riteniamo che la “polypharmacy” sia meritevole di maggiore attenzione generale e di maggiore confronto tra medici specialisti, soprattutto nel “confezionamento” della “terapia sartoriale” per il malato cronico “complesso” al fine del miglioramento degli outcomes globali della pratica clinica quotidiana, soprattutto quando il malato è anche un “nefropatico”.

release  1
pubblicata il  15 settembre 2013 
da Antonella Bruzzese¹, Maria Pasquale², Alessandra Persichini³, Gennaro Rondanini³
(¹Policlinico “A. Gemelli”, Università Cattolica, Roma; ²Ospedale Taurianova-Polistena, ASP 5 Reggio Calabria; ³Policlinico “R. Silvestrini”, Università di Perugia)
Parole chiave: polipharmacy
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