La prevalenza dell’infezione cronica da HCV è significativamente più alta nei pazienti in dialisi. Tuttavia l’uso dei regimi “interferon e ribavirin free” non è approvato per il trattamento dei pazienti con epatite C e malattia renale in stadio terminale (ESRD).
Le attuali prospettive di cura approvate prevedono l’interferone in associazione a basse dosi di ribavirina, ma tale opportunità ha un profilo di effetti collaterali spesso insostenibile a fronte di limitate probabilità di eradicazione definitiva dell’infezione.
Qui viene riportata la nostra esperienza sulla sicurezza e l’efficacia di una terapia con sofosbuvir/daclatasvir in una paziente affetta da cirrosi epatica HCV correlata genotipo 2 in emodialisi.
Esclusa la possibilità di un trapianto preventivo, fu avviato nell’agosto 2015 il trattamento dialitico.
Successivamente la paziente, classificata come CHILD-B con un MELD score 20 e con un liver stiffness di 17,8 kPa, richiese di essere sottoposta a terapia antivirale con farmaci innovativi.
In accordo con la stessa, che esprimeva il suo consenso informato, si avviò un trattamento con sofosbuvir e daclatasvir per 12 settimane come proposto dalle linee guida EASL.
La paziente ha completato il periodo di trattamento, durante la cura e nel follow-up post-trattamento, è rimasta asintomatica.
Il MELD a fine follow-up ha evidenziato un miglioramento della funzionalità epatica (18 vs 20). Il profilo virologico ha evidenziato la non detectabilità del virus C dopo due settimane di terapia.
La rivalutazione con elastometria ha evidenziato una liver stiffness di 13,4 kPa.
In questo caso clinico si evidenzia come il regime “interferon/ribavirin free” a base di sofosbuvir e daclatasvir, nei pazienti in emodialisi, rappresenti sia una terapia sicura ed efficace.
L’eradicazione virale può comportare un più basso tasso di malattia epatica post-trapianto e prolungare la sopravvivenza del graft. Studi prospettici saranno necessari per esplorare la farmacocinetica del sofosbuvir in questo particolare setting clinico.