La policistosi renale autosomica recessiva è una malattia rara e complessa inclusa nelle sindromi fibrocistiche epatorenali congenite, causa di significativa morbilità e mortalità nei bambini con un'incidenza stimata di 1 a 20.000 nati vivi (Hartung E.A. - 2014 [1] (full text)).
ARPKD è causata da mutazioni nel gene PKHD1, sito sul cromosoma 6p21 che produce una proteina denominata fibrocistina o poliduttina che è espressa soprattutto nel rene (perlopiù nei dotti collettori e nel tratto ascendente spesso nell'ansa di Henle), nel fegato (nell'epitelio dei dotti biliari), e nel pancreas.
La caratteristica anatomopatologica è la presenza di microcisti multiple in entrambi i reni, costante coinvolgimento epatico con fibrosi portale e intralobulare( Figura 1).
Il quadro renale è caratterizzato da nefromegalia, ipertensione e vari gradi di disfunzione renale, con sviluppo di oligoidramnios in un certo numero di neonati affetti e conseguente ipoplasia polmonare.
Il quadro epatobiliare è caratterizzato da epatomegalia, dovuta alla presenza di dilatazione nei dotti biliari intraepatici (s.di Caroli) e occasionalmente extraepatici, che talvolta sviluppano cisti; rischio di colangite ascendente, persistente o recidivante, dovuta al ristagno biliare; ipertensione portale (fino al 70% degli individui affetti), causata dalla fibrosi, associata a ipersplenismo e varici venose (Telega G. - 2013 [2]).
Il tasso di mortalità perinatale nei pazienti con ARPKD è circa il 30%, principalmente a causa della compromissione respiratoria. La sopravvivenza ad 1 anno è di circa il 92-95% nei pazienti che sopravvivono al 1 mese di vita. Con il supporto respiratorio neonatale e le terapie sostitutive di funzione renale (la dialisi o il trapianto), la sopravvivenza a lungo termine di questi bambini è migliorata a più dell'80%. Più del 50% degli individui affetti progredisce verso lo stadio terminale della malattia renale, di solito nella prima decade di vita (Djalila M - 2016 [3]). Un numero crescente di persone colpite alla fine richiede il confezionamento di uno shunt porto-sistemico (dal 10 al 40%) o il trapianto di fegato per le complicanze legate all'ipertensione portale o alla colangite.
Un sottogruppo di pazienti può richiedere il trapianto di fegato e rene, simultaneamente o in sequenza: trapiantare solo il rene infatti non esclude il rischio di morbilità e mortalità per colangite/sepsi (Khan K - 2002 [4] (full text)).
Paziente♀di 30 anni, a 4 anni riscontro di splenomegalia e piastrinopenia con alcuni episodi di sanguinamento. Progressivo peggioramento della funzionalità renale con necessità di trattamento emodialitico a 24 anni. La paziente iniziava pertanto il percorso per inserimento in lista d'attesa per trapianto di rene, con le seguenti valutazioni di rilievo:
ematologica: mieloaspirato e biopsia osteomidollare negativi per patologia mieloproliferativa; cariotipo e immunofenotipo nella norma;
epatologica: indici di sintesi epatica ben conservati, ecografia addominale e fibroscan con diagnosi di fibrosi epatica congenita, ipertensione portale ed ipersplenismo;
immunologica: panel anticorpale(ANA,ASMA,AMA,anti-LKM ) negativo;
gastroenterologica: esofagogastroduodenoscopia con osservazione di varici tipo F1 nel tratto esofageo distale e sul fondo gastrico, lieve gastrite antrale ed ernia iatale da scivolamento.
Dopo 10 mesi di trattamento emodialitico extracorporeo veniva sottoposta a trapianto renale da donatore vivente(madre) senza complicanze post-operatorie, e con ripresa funzionale renale immediata (sCr alla dimissione 0.6 mg/dl). Terapia immunosoppressiva di mantenimento: tacrolimus, micofenolato mofetile e steroide a basso dosaggio.
Nei mesi successivi al trapianto si assisteva ad una progressione volumetrica delle varici esofago-gastriche con episodi di ematemesi e gastrite ipertensiva, pertanto a 26 anni veniva sottoposta ad intervento di shunt splenorenale distale selettivo secondo Warren con persistente regressione delle varici esofagee.
All'ultimo controllo nefrologico (Settembre 2016) la paziente presentava funzione renale stabile (sCr 1 mg/dl) in assenza di leucopenia e modesta piastrinopenia, con buona tolleranza della terapia immunosoppressiva e in assenza di effetti collaterali rilevanti.
Nonostante la complessa patologia di base, gli interventi terapeutici intrapresi hanno permesso di modificare il decorso della malattia, e hanno reso possibile il mantenimento di una buona qualità di vita della paziente, migliorandone l'aspettativa. Pertanto si rende necessario per tali pazienti un approccio multidisciplinare e integrato.
[1] Hartung EA, Guay-Woodford LM Autosomal recessive polycystic kidney disease: a hepatorenal fibrocystic disorder with pleiotropic effects. Pediatrics 2014 Sep;134(3):e833-45 (full text)
[2] Telega G, Cronin D, Avner ED et al. New approaches to the autosomal recessive polycystic kidney disease patient with dual kidney-liver complications. Pediatric transplantation 2013 Jun;17(4):328-35
[3] Mekahli D, van Stralen KJ, Bonthuis M et al. Kidney Versus Combined Kidney and Liver Transplantation in Young People With Autosomal Recessive Polycystic Kidney Disease: Data From the European Society for Pediatric Nephrology/European Renal Association-European Dialysis and Transplant (ESPN/ERA-EDTA) Registry. American journal of kidney diseases : the official journal of the National Kidney Foundation 2016 Aug 20;
[4] Khan K, Schwarzenberg SJ, Sharp HL et al. Morbidity from congenital hepatic fibrosis after renal transplantation for autosomal recessive polycystic kidney disease. American journal of transplantation : official journal of the American Society of Transplantation and the American Society of Transplant Surgeons 2002 Apr;2(4):360-5 (full text)
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