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Accessi vascolari

LA STENOSI VENOSA CENTRALE: QUALE TIMING? CASE REPORTS

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INTRODUZIONE

La crescente incidenza e prevalenza dei CVC nei pt in Dialisi (Ethier J, 2008 [1]) rende più elevato il rischio di stenosi venosa centrale (SVC). La stenosi della vena succlavia è un'evenienza altamente probabile dopo il suo cateterismo. Le linee guida K-DOQI (NKK-DOQI 2006 [2]) sconsigliano infatti il cateterismo bilaterale della vena succlavia per evitare che la stenosi si manifesti su entrambi i lati, minando in tal modo la possinbilità di creare una FAV. La vena giugulare interna è diventata pertanto nel tempo la sede di prima scelta per l'inserimento di un CVC tunnellizzati per dialisi (NKK-DOQI 2006 [2]), diventano sempre più frequenti le segnalazioni di stenosi della vena cava superiore (VCS) come conseguenza di CVC in vena giugulare interna (IJV) (Agarwal AK 2009 [3]). Quando intervenire per rimuovere un CVC o correggere una stenosi venosa centrale, prima che le manifestazioni cliniche divengano eclatanti, non è ben definito.  In questo lavoro riportiamo due cases report, in cui, l'esordio e l'andamento clinico è stato sensibilmente differente pur essendo entrambi sostenuti da una stenosi venosa centrale completa.

I due casi clinici, pur essendo espressione entrambi di una SVC, hanno avuto evoluzione diversa. Il primo caso ha avuto tempi di sviluppo rapidi tali da richiedere un intervento in urgenza. Il secondo, pur essendo legato ad una occlusione completa della VCS, non ha prodotto alcuna sintomatologia eclatante, verosimilmente perché la stenosi si è verificata lentamente consentendo lo sviluppo di adeguati circoli collaterali. Il paziente, a distanza di un anno, continua a dializzare con lo stesso CVC, la cui estremità è collocata in atrio destro.

CASE REPORT n.1

Case Report n.1: Pt di 82 aa, con severi tremori agli arti da M. di Parkinson, avviata alla HD con CVC tunnellizzato (T) doppio lume in IJV sinistra (Sn). La paziente ricoverata nella nostra UO per altra patologia, all’ingresso presentava un modesto edema del volto, attribuito all’incremento ponderale interdialitico. Nonostante la HD, il modesto edema al volto non regrediva, anzi sembrava, lievemente aumentato. Nell'ipotesi di SVC si sottoponeva la pt ad Angio TC. Nella stessa giornata l’edema al volto aumentava. La mattina dopo la pt presentava un edema al volto imponente (figura 1). Il risultato della TC confermava il sospetto della stenosi della VCS allo sbocco della anonima  Sn (figura 2). Si procedeva in urgenza ad angiografia della cava superiore dalla IJV Sn dopo avere rimosso il CVC, ed a PTA della stenosi, riposizionando contemporaneamente un CVC monolume in vece del bilume rimosso. Risultato: completa regressione dell’edema in 48 ore. Ad 1 anno di distanza nessun segno clinico di recidiva.

CASE REPORT n.2

Case Report n.2: pt di 83 aa, con un CVC tunnellizzato in vena giugulare interna in sede da circa 2 anni che giunge alla nostra osservazione per segni di steno-trombosi della cava superiore (circoli collaterali toracici, modesto edema agli arti atri ed al volto). L’ECD dei vasi del collo mostrava una steno-trombosi della IJV destra, ed una IJV S dilatata. Si programma un’angiografia, che viene eseguita dopo circa 15 giorni, senza che nel frattempo si fosse verificato alcun peggioramento del quadro clinico. Come via di accesso viene utilizzata la IJV sn, nell’ipotesi di eseguire un’angioplastica della SVC. L’angiografia mostra una completa occlusione della VCS il cui lume è completamente occupato dal CVC (fig.3); il flusso ematico è veicolato nella vena Azigos ed in altre collaterali.

DISCUSSIONE

Entrambi i casi confermano che il cateterismo della IJV, sia destra che sinistra, può portare a stenosi dei vasi venosi centrali (vena anonima sn nel primo caso e vena cava superiore nel secondo). Il caso n.2, non ha avuto alcun evento drammatico, verosimilmente perchè la stenosi della cava superiore, avvenuta lentamente, ha consentito lo sviluppo di adeguati circoli collaterali. Può apparire discutibile la nostra decisione di lasciare a dimora il CVC nonostante la presenza della stenosi. Il razionale che ci ha guidato si è basto su alcune considerazioni: a) togliere e sostituire un CVC ben funzionante in un pt con serie difficoltà a reperire un accesso vascolare alternativo non sembrava una buona soluzione. b) La terapia anticoagulante cui il  pt si sottoponeva per una valvola cardiaca meccanica, dava sufficienti garanzie di ulteriori fenomeni trombotici. c) Un tentativo di trattamento endovascolare della stenosi della cava superiore poteva essere effettuato nell'eventuale necessità di sostituire il CVC. La relativa scarsa drammaticità del caso n. 2 contrasta con la rapidita e grave evoluzione del caso n. 1 che nell'arco di 24 ore ha determinato lo sviluppo di un severissimo edema a mantellina del volto. Probabilmente, all'evoluzione così grave e rapida doveva aver concorso un scarso sviluppo dei vasi del collo di destra. Infatti, come sede del CVC era stata scelta la JIV sn perchè la destra era di piccolo calibro. L'andamento clinico del caso n.1 suggerisce che in caso di sospetta SVC i tempi della diagnostica non possono essere lunghi, in quanto ogni giorno di ritardo può portare ad eventi drammatici. 

release  1
pubblicata il  17 settembre 2013 
da G. Sandri, C. Ambrosino, M. Lefons, A. Montinaro^, D. Mangione, C. Montagna, M. Napoli
(UOC Nefrologia e Dialisi. PO S. Caterina N. - Galatina. ^UOC Cardiologia Interventistica. PO V. Fazzi - Lecce )
Parole chiave: accesso vascolare
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