Login




Nefrologia clinica/Nefrologia pediatrica

Nefropatia da amiloidosi AL 2009-2014: un update

poster

Razionale

Amiloidosi è un termine generico che si riferisce alla deposizione extra-cellulare tissutale di fibrille composte da subunità a basso peso molecolare di una varietà di normali proteine sieriche. Si riconoscono più di 20 distinte proteine a basso peso molecolare in grado di dare origine alle fibrille di amiloide. Le due cause più comuni di amiloidosi sistemica sono: amiloidosi AL ed AA. Nella forma AL le fibrille sono composte da frammenti di catene leggere di immunoglobuline monoclonali. I pazienti affetti possono avere una malattia isolata, o in associazione ad altre discrasie plasmacellulari (mieloma multiplo, macroglobulinemia di Waldenström). L'amiloidosi AL si può presentare con una varietà di segni e sintomi, tra cui proteinuria (spesso in range nefrosico), edema, epatosplenomegalia, insufficienza cardiaca non altrimenti spiegata, e sindrome del tunnel carpale. Per la diagnosi è fondamentale la dimostrazione di fibrille di amiloide mediante esame istologico di un organo affetto (es, rene), o di un sito surrogato (es, grasso sottocutaneo addominale). La presenza di fibrille di amiloide può essere confermata all'esame ultrastrutturale con la microscopia elettronica, e/o per la loro proprietà di legare il colorante Rosso Congo, producendo una birifrangenza verde mela alla luce polarizzata, o la tioflavina T (Glenner GG. 1980 [1]). L'amiloidosi AL rappresenta un'importante causa, potenzialmente curabile, di sindrome nefrosica secondaria ed insufficienza renale. I soggetti colpiti generalmente riportano sintomi altamente aspecifici ed eterogenei, che ritardano la diagnosi. Negli anni più recenti, vi sono stati tuttavia sviluppi significativi nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti affetti da amiloidosi AL. Tra le novità, vi sono la misurazione del Brain Natriuretic Peptide (BNP, o NT-proBNP) per valutare la presenza di un danno cardiaco, anche nei pazienti clinicamente asintomatici; il dosaggio delle Free Light Chains (FLCs), le catene leggere libere delle immunoglobuline, utilizzato in associazione all'elettroforesi ed immunofissazione delle proteine urinarie e sieriche, che consente di individuare la presenza di una gammopatia monoclonale con maggiore sensibilità e precocità (Kumar SK 2011 [2]); e dal punto di vista terapeutico, l'introduzione del Bortezomib, un inibitore dei proteasomi, che consente di migliorare la risposta d'organo, oltre a quella ematologica (Kastritis 2007 [3] (full text)).

Materiali e metodi

Abbiamo eseguito una revisione dei casi di amiloidosi AL, registrati nell’Archivio Interdipartimentale delle Amiloidosi del nostro Ospedale, nel periodo 2009-2014, per esaminare gli aspetti che potrebbero contribuire ad una diagnosi più precoce e ad una gestione terapeutica ottimale. 

La nostra casistica comprende 21 pazienti visitati presso i diversi dipartimenti dell’Azienda Ospedaliero - Universitaria Ospedali Riuniti Trieste. A partire dal 2009 i dati anagrafici e clinici dei pazienti con diagnosi istologica di amiloidosi, vengono registrati nell’Archivio Interdipartimentale delle Amiloidosi. Abbiamo esaminato retrospettivamente i dati anamnestici, laboratoristici, strumentali ed istologici dei pazienti visitati presso il nostro Centro, attingendo alle cartelle cliniche ed all'archivio informatico. Le informazioni cliniche includevano i dati demografici, il coinvolgimento dei diversi organi ed apparati, il trattamento ricevuto e la risposta, la sopravvivenza al giorno 1 aprile 2015 o, se presente, la causa del decesso. 

I criteri che definiscono il coinvolgimento d’organo (per uno scopo prognostico e di trattamento), e la risposta alla terapia, utilizzati dal nostro Centro, sono quelli delle linee guida dell’International Society of Amyloidosis (Comenzo RL 2012 [4]). La risposta ematologica completa è definita come la normalizzazione delle FLCs con IFE negativa nel siero e nelle urine. Una riduzione della differenza tra FLC coinvolta e quella non coinvolta (dFLC) <40 mg/L è definita come Very Good Partial Response (VGPR). Una riduzione del dFLC≥ 50% rappresenta una risposta parziale; in tutti gli altri casi si parla di assenza di risposta ematologica. Per quel che riguarda la risposta renale, essa richiede che vi sia una riduzione della proteinuria > 50%, in presenza di funzione renale stabile (non peggioramento della clearance della creatinina ≥ 25%). 

Risultati

Tra il 2009 ed il 2014 sono stati diagnosticati nella Azienda Ospedaliera di Trieste 21 casi di amiloidosi AL, 12 maschi e 9 femmine, con età media alla diagnosi di 67 anni (range: 42-79). Il sospetto diagnostico è stato posto nella maggior parte dei casi dal nefrologo (48%), seguito dal cardiologo (19%) e da altri specialisti (internista, ematologo, gastroenterologo). La presentazione clinica all'esordio risultava eterogenea; a parte i sintomi costituzionali ed aspecifici di astenia e calo ponderale presenti nella maggior parte dei pazienti (80%), il quadro clinico più frequente è stato quello della sindrome nefrosica (42%), seguito da sintomi cardiologici (dispnea, palpitazioni, dolore toracico) (38%), associati o meno ad un quadro di scompenso cardiaco conclamato. Nei casi rimanenti, i pazienti lamentavano la comparsa di disfonia e/o macroglossia (19%), epatomegalia (14%), porpora peri-orbitaria (9,5%), o diarrea recidivante (9,5%) (Fig. 1). Nel corso della malattia, 17 pazienti (81%) hanno presentato un coinvolgimento renale, che si è manifestato con sindrome nefrosica (10 pazienti, proteinuria media 9,9g/24h), o proteinuria non nefrosica (4 pazienti, media 0,97g/24h). In 9 pazienti vi era inoltre insufficienza renale all’esordio (creatinina media 2,14 mg/dL). Poco più della metà dei pazienti (57%) presentava un picco monoclonale visibile all'elettroforesi, mentre nei rimanenti casi era presente un'ipogammaglobulinemia. (Fig 2) Il dosaggio delle catene leggere libere monoclonali, introdotto nel nostro laboratorio nel 2012, ha ridotto notevolmente il tempo necessario per arrivare alla diagnosi (da 20 a 5 mesi di media). Tutti i pazienti hanno eseguito una biopsia osteo-midollare di protocollo: solo in una minoranza di casi era presente un mieloma multiplo sintomatico (14%), mentre nei rimanenti la biopsia osteo-midollare (ed i reperti di laboratorio) dimostravano un mieloma smoldering, o assenza di mieloma (plasmacellule monoclonali nel midollo osseo inferiori al 10%).Tutti i pazienti hanno ricevuto una terapia specifica per l'amiloidosi, ma solo 15 pazienti (71%) hanno proseguito la terapia per almeno 6 cicli (numero minimo necessario per raggiungere e mantenere una risposta persistente). I trattamenti utilizzati sono stati nella maggior parte dei casi (11 pazienti) combinazioni a base di Bortezomib (associato a steroidi e talvolta agenti alchilanti); gli altri trattamenti consistevano in agenti alchilanti (Ciclofosfamide), Rituximab, agenti immunomodulanti (Lenalidomide). Un solo paziente ha eseguito l'autotrapianto di cellule staminali autologhe. Si è avuta una risposta ematologica nel 73% dei casi, mentre, tra i pazienti trattati con coinvolgimento renale (13), la risposta d'organo si è verificata in 6 (46%) pazienti. I pazienti responder renali presentavano un eGFR medio basale più elevato rispetto ai non responder (68 versus 42 ml/min/1,73m²) (Fig. 3) ed un BNP inferiore (335 versus 729 pg/ml); non vi erano invece differenze in termini di proteinuria basale (Fig. 4), risposta ematologica, né nel tipo di trattamento. 8 pazienti (38%) sono deceduti durante il follow up. 

Conclusioni

I nostri dati confermano l'estrema variabilità clinica, complessità diagnostica e l'importanza di un approccio multidisciplinare nella diagnosi dell'amiloidosi AL. La componente monoclonale spesso manca all'elettroforesi sierica, e pertanto il ricorso alle FLCs è dirimente per una diagnosi tempestiva. I nuovi regimi terapeutici a base di Bortezomib hanno radicalmente modificato la prognosi dell'amiloidosi AL, consentendo di ottenere risposte renali in una percentuale molto superiore rispetto a quanto riportato dalla letteratura fino a pochi anni fa: nella nostra casistica una risposta renale si è avuta in quasi la metà dei casi (46%), mentre in epoca pre-Bortezomib la risposta era descritta nel 14% dei pazienti (Bergesio 2008 [5] (full text)). La funzione renale di base e il coinvolgimento cardiaco rappresentano dei fattori predittivi di risposta renale alla terapia.

release  1
pubblicata il  24 settembre 2015 
da Buttazzoni M¹, Carraro M¹, Bonincontro ML¹, Gerini U¹, Galli G¹, Bianco F¹, Festini G ², Boscutti G¹
(¹S.C. Nefrologia e Dialisi/Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste, ²S.C. Ematologia/Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste))
Parole chiave: amiloidosi AL, biopsia renale, sindrome linfoproliferativa, sindrome nefrosica
Non sono presenti commenti
Figure

Per inserire una domanda, segnalare la tua esperienza, un tuo commento o una richiesta di precisazione fai il login con il tuo nome utente e password.

Se non lo sei ancora puoi registrati partendo da qui.

Realizzazione: TESISQUARE®

Per assistenza scrivere al Supporto Tecnico